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lunedì 2 maggio 2011

Valutazione Rischio Esplosione - metodo.

Premetto che le informazioni di seguito riportate sono frutto di mia ricerca e studi personali. Tutte le informazioni le potrete utilizzare liberamente per qualsiasi impiego (ovviamente legale). Considerate però che il metodo che espongo è concettualmente completo, ma mancano volutamente delle implementazioni che mantengo riservate per mia tutela professionale.
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Un metodo di valutazione del rischio per esposizione ad atmosfere esplosive è l'anima del DPE, Documento di Protezione dalle Esplosioni e sostanzialmente è sviluppato secondo i seguenti punti:

a) identificazione delle sorgenti di emissione (SE);
b) probabilità e durata dell’atmosfere esplosiva;
c) probabilità della presenza e dell’attivazione di fonti di ignizione (inneschi);
d) entità degli effetti prevedibili e previsione del possibile danno.

La direttiva atex 99/92/CE prevede che il luogo considerato debba essere diviso in zone (zona 0,1,2 e 20,21,22), dove applicare le prescrizioni minime stabilite nell’allegato II della direttiva stessa.
Per la ripartizione in zone ci vengono in aiuto le norma CEI 31-30, 31-35 e 31-56  che permettono di eseguire la classificazione delle aree coniugando probabilità e durata di una possibile  atmosfere esplosiva. Quindi la classificazione delle aree non è il DPE, ma eventualmente un suo allegato,  è un'operazione che prevede anche l'identificazione delle SE e che è antecedente la realizzazione del DPE (che rischio esplosione valuto se non ho identificato le possibili aree classificate?).l
La valutazione del rischio si concentra sulla possibilità che un innesco divenga efficace e , cosa spesso trascurata, sul possibile danno conseguente (troppo semplicistico affermare:"Esplode tutto", non è vero!).
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Una volta che disponiamo di una classificazione delle zone e abbiamo chiaro quali siano le attività svolte dai lavoratori dentro e fuori le aree classificate, possiamo procedere in questo modo.

La prima operazione è di identificare tutte le ignizioni (o inneschi), cercando di considerarle in senso assoluto, cioè senza legarle ad alcuna zona. Avremo quindi delle ignizioni che scopriremo in zona 2 ad esempio, altre che invece saranno site in "zona sicura" (non classificata) Le ignizioni da considerare appartengono ai seguenti macro gruppi:

  Identif.       Descrizione
     Ignizione
1.                  superfici calde;
2.                  fiamme e gas caldi;
3.                  scintille di origine meccanica;
4.                  apparecchiature elettriche;
5.                  correnti elettriche vaganti;
6.                  elettricità statica;
7.                  fulmine; 
8.                  onde elettromagnetiche a radiofrequenza (RF) da 104 Hz a 3 x 1012 Hz
9.                  onde elettromagnetiche da 3 x 1011 Hz a 3 x 1015 Hz
10.               radiazioni ionizzanti;
11.               ultrasuoni;
12.               compressione adiabatica e onde d'urto;
13.               reazioni esotermiche, inclusa l'autoaccensione delle polveri.
Il passo successivo è di definire la probabilità di attivazione di ciascun innesco censito. Io propongo 4 livelli:

P4  CONTINUA       L’attivazione della sorgente avviene continuamente nel normale funzionamento;
P3  OCCASIONALE        L’attivazione della sorgente può avvenire  a seguito di disfunzione/guasto prevedibile o non rispetto di procedure (guasto singolo);
P2 RARA   L’attivazione della sorgente può avvenire in circostanze rare a seguito di disfunzioni non prevedibili o doppi guasti;
P1  ESTREMAMENTE RARA  L’attivazione della sorgente non può avvenire neanche a seguito di disfunzioni non prevedibili o doppi guasti.

Seguentemente si dà un peso alla relazione ZONA-IGNIZIONE, peso che io valuto con la definizione di un indice di esplosione "E". L'indice di esplosione può assumere 4 livelli: Trascurabile, Basso, Medio Alto.

Infine si determina il livello di esposizione al rischio esplosione (E') relazionando:
- indice esplosione E;
- presenza continua o occasionale del personale (personalmente adotto la soglia di presenza > 100 ore) in zona esposta all'effeto di un'esplosione*(vedere nota in basso);
- affidabilità del sistema di allertamento che è subordinato a: posizionamento, capacità di segnalare, formazione del personale, segregazione area, vie di fuga libere.

Il risultato sono 3 livelli di E' (basso, medio alto) che andranno gestiti nel Piano di Miglioramento Aziendale.

Di seguito presento uno stampato del mio modello di calcolo **(vedere nota in basso):

* Purtroppo capita spesso di incontrare dei DPE che mancano completamente di questa parte non di certo facile valutazione: come poter affermare che un lavoratore si trovi o meno esposto ad un rischio di esplosione? E quanto?
Il metodo che adotto io mi è stato suggerito da un guru delle atex, l'ing. Marzio Marrigo e consiste nell'applicazione del metodo TNT equivalente (tritolo equivalente), metodologia che permette di rapportare gli effetti di un'esplosione ad una determinata quantità di tritolo e quindi di sapere a quanti metri l'esplosione può risultare pericolosa per un essere umano.

E' chiaro che ci sono situazioni e situazioni, ma capite bene che se ho un filtro installato all'esterno, equipaggiato con sistemi di contenimento e pannelli di sfogo, nel mio DPE potrò stabilire con certezza a quanti metri dagli sfoghi dovranno transitare i lavoratori affinchè non vengano investiti da una possibile esplosione.
Ovvio che se lo stesso filtro è installato in un luogo chiuso di ridotte dimensioni e con panneli di sfogo interni è legttimo aspettarsi anche la distruzione dello stabile.

** In tabella ho riportato una colonna "Atex" che mi serve da discriminante tra due matrici: in pratica utilizzo una diversa "severità di valutazione" tra un innesco legato ad un prodotto marcato atex rispetto ad uno non marcato.

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